Parrocchia di Poirino




TEMA: Cosa fare con un(a) ragazzo(a) forzatamente chiuso in casa (2) - in data: 31/03/2020

Ricordavo nella puntata precedente che i genitori efficaci sono presenti nella vita del figlio adolescente, ma non invadono la sua intimità. Il loro sforzo continuo e paziente sono elementi base della nuova autorità perché aumentano il senso di competenza e di premura.
Questa autorità, indispensabile eppure molto diversa dal passato, esige e costruisce una nuova obbedienza, che nella famiglie credenti è presentata e vissuta come virtù sia dei figli che dei genitori, fedeli all’indicazione biblica: “Onora tuo padre e tua madre”. Il comandamento invita a considerare i genitori (ma anche i figli, da parte dei genitori) come le persone che Dio ha posto accanto perché nessuno si dimentichi che è (solo) una creatura.
L’autorità e l’obbedienza, se diventano virtù, sono palestre quotidiani di autenticità e di umiltà. Rendono umane le persone perché contrastano l’arroganza che si esprime nella violenza delle parole e dei gesti, nel nervosismo e nell’indisponibilità.
L’autorità ha bisogno di “forza” per essere efficace. Il miglior modo per esprimere forza non è di esibirla ma di mostrarsi determinati nel compimento della responsabilità, per il bene del figlio.
Per costruire questo potere personale dei genitori occorre usare una giusta misura e una giusta distanza educativa. Organizzando anzitutto una buona comunicazione che non stimola nei figli adolescenti la reazione emotiva e pulsionale di riproporre la propria identità e la propria presenza trasgressiva.
La comunicazione che permette di sopravvivere nella quotidiana tensione con gli adolescenti in casa è quella che cerca nei figli degli “alleati”, persone che se vogliono sono già “grandi” e possono capire ed essere responsabili. Senza considerarli falsamente “amici” possono essere trattati quasi da “pari” (nella capacità di capire e fare).
Con loro si può quindi tentare una comunicazione di tipo “organizzativo” che cerca di gestire responsabilmente i problemi reali da affrontare per la gestione della casa, per la scuola, per le diverse incombenze.
Come non è più proponibile l’autoritarismo passato, così cambia radicalmente anche la virtù dell’obbedienza. La sottomissione automatica, il figlio “modello” che non si stacca e non contrasta mai i genitori rappresenterebbero non una virtù il fallimento dell’educazione. Le due virtù: autorità e obbedienza s’imparano però insieme. I genitori insegnano la nuova obbedienza esercitando la nuova autorità.
genitori autorevoli agiscono come fattore di protezione dei figli, mentre quelli autoritari o permissivi come fattori di rischio. I punti forza della nuova autorità sono presenza e cura. Il monitoraggio (la supervisione, l’esserci ma in modo non ossessivo, quasi indiretto) è la forma di presenza più efficace.
Presenza non significa ossessione del controllo ma cura vigile. La nuova autorità s’ispira al suo principio fondamentale: quello della massima cura e del minimo controllo.
- Il controllo è una forma di supervisione oppressiva e fondamentalmente spersonalizzante. Si stabilisce con la disciplina e si garantisce con le punizioni. Non riconosce capacità e autonomia alle persone verso le quali si orienta, non concede fiducia e non produce autostima. E’ la conseguenza della possessività, dell’immaturità e dell’ansia degli adulti.
- La cura è data dall’ascolto, dalla comunicazione, dalla negoziazione delle regole. E’ cura l’attenzione e l’interesse verso ciò che il figlio fa, senza che questo si risolva in inibizione della sua autonomia. È cura il supporto e il coinvolgimento nelle attività eseguite dai figli. La cura porta a una maggiore autonomia e autostima dei figli, all’attitudine psicosociale verso i pari, a maggiori successi scolastici.
La cura trasmette con chiarezza il messaggio: “Noi ci siamo”, “Insistiamo perché è nostro dovere”, “siamo convinti di ciò che ti diciamo perché teniamo a te”.
La cura vigile nasce nel dialogo aperto, non necessariamente spontaneo. Evita ogni tentativo di convincere, biasimare, predicare, minacciare, iniziare discussioni.
Il suo obiettivo è dare fiducia, gradualmente e mai in modo totale.
Il dialogo spontaneo alimenta la fiducia ma richiede tempo per creare la giusta atmosfera d’intimità e di interesse sincero.
La nuova autorità si esercita più difficilmente da soli. Ogni genitore ha bisogno di ricevere supporto e strumenti dalla propria rete educativa (la mamma dal papà e viceversa, i genitori dai nonni e dalla rete allargata di altri genitori). La forza dell’autorità deriva dal gruppo che supporta il genitore interviene in casa e agisce a nome di tutta la rete. L’autorità solitaria è quasi costretta a diventare aggressiva, perché davanti alle provocazioni dei figli si diventa più irritabili e meno resistenti all’escalation aggressiva, innescata dalla dinamica dei capricci o della trasgressione. La rete genitoriale è il primo strumento (indispensabile) della nuova autorità perché dà sicurezza e sostiene l’esercizio della responsabilità. L’autorità, infatti, non può più essere piramidale ma agisce circolarmente traendo forza e legittimità da tutti gli educatori. In questa rete può entrare anche la parrocchia con le catechiste e gli animatori più grandi dell’oratorio.
L’equilibrio tra attenzione sollecita, libertà e privacy rafforza la sensazione di essere al sicuro e protetto, dove non ci sono né vincitori né vinti perché si persegue solo il bene e il giusto. Questa autorità, indispensabile e virtuosa, è evidentemente frutto di una doppia obbedienza e di un doppio sacrificio: quelli dei genitori e dei figli. I genitori obbediscono al bene dei figli (e sacrificano le loro “manie” e punti di vista limitati); i figli obbediscono ai genitori (e sacrificano le loro pulsioni immature).
Il processo virtuoso è avviato dalla presenza genitoriale, dalla loro determinazione e capacità, dalla resistenza non violenta.
I genitori, in realtà, sanno che non possono controllare i figli ma solo se stessi.
Nell’esercizio della nuova autorità sono evidenti le corrispondenze evangeliche: il guadagnare un fratello attraverso la correzione, il dovere di riparare chi o ciò che si è danneggiato.
Sono preziosi anche gli spunti per una spiritualità del sacrificio rigeneratore: la prospettiva realistica che il singolo non può correggere il suo limite o rimediare il suo errore da solo. Nella spiritualità cristiana i peccati sono espiati perché la preghiera del singolo fa parte della preghiera offerta dall’intera comunità. Il peccatore può solo pagare un prezzo parziale e simbolico ma alla fine è la grazia che copre il saldo e redime.